Ambiente: microplastiche nei laghi, ENEA conferma ruolo strategico delle foreste

Le foreste potrebbero svolgere un ruolo chiave, e ancora in gran parte inesplorato, nella lotta contro la diffusione delle microplastiche. È quanto emerge da un innovativo studio condotto da ENEA e Arpae Emilia-Romagna, con il supporto di Romagna Acque, che ha messo sotto la lente d’ingrandimento l’invaso di Ridracoli, nel cuore del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. Situato tra le colline di Forlì-Cesena, questo bacino rappresenta una risorsa cruciale per l’approvvigionamento idrico e la produzione di energia elettrica dell’intera regione. Ma è anche, come ha rivelato la ricerca, un sorprendente modello di resilienza ambientale.

I dati parlano chiaro: la concentrazione di microplastiche nelle acque di Ridracoli si attesta su valori straordinariamente bassi, con una media compresa tra 0,02 e 0,04 microplastiche per metro cubo. Numeri che impallidiscono se confrontati con i livelli rilevati in altri bacini italiani, come i laghi di Bracciano e Trasimeno, dove si registrano medie intorno a 13 microplastiche per metro cubo. I risultati, presentati durante l’evento del progetto europeo Life Blue Lakes, confermano l’efficacia naturale degli ecosistemi forestali circostanti nel limitare la dispersione di queste invisibili ma pericolose particelle.

«Abbiamo scelto di monitorare proprio questo invaso per la sua posizione strategica in un’area ad altissima biodiversità e per la qualità eccezionale delle sue acque destinate al consumo umano», spiega Patrizia Menegoni, del Laboratorio ENEA di Biodiversità ed Ecosistemi. «L’ipotesi iniziale era che le foreste potessero agire da filtro naturale contro le microplastiche, e i dati raccolti sembrano confermare questa funzione protettiva».

Un’ipotesi che trova sostegno anche nella tipologia di microplastiche rinvenute. «Nei campioni non abbiamo mai osservato filamenti o fibre, comunemente trasportati dall’aria e frequentemente rilevati in altri laghi», aggiunge Menegoni. «Questo suggerisce che le chiome degli alberi, grazie alla loro struttura complessa, possano catturare queste particelle leggere, impedendo che raggiungano le acque superficiali. Foglie e aghi agiscono come una rete naturale: le microfibre vi si depositano e, con la caduta delle foglie o le piogge, finiscono intrappolate nel suolo, riducendo il rischio di trasporto verso altri ecosistemi».

Foreste, alleate insospettabili contro le microplastiche

L’indagine ha identificato 15 diversi tipi di polimeri tra le microplastiche raccolte, con una prevalenza di polietilene e polipropilene, materiali ampiamente utilizzati nella produzione industriale e nei beni di consumo quotidiani. La loro bassa concentrazione nel bacino suggerisce un’efficace barriera ecologica, ma anche la necessità di approfondire i meccanismi che regolano il loro ciclo nell’ambiente.

A rafforzare questa visione, ulteriori ricerche condotte da ENEA in collaborazione con la Società Italiana di Restauro Forestale (SIRF) sull’Appennino hanno dimostrato come le chiome arboree possano intercettare quantità significative di microplastiche trasportate dall’aria. In un esperimento, l’acqua raccolta da pluviometri installati tra i rami conteneva elevate concentrazioni di microfibre. E non solo: uno studio condotto sul Monte Terminillo ha documentato la presenza di grandi quantità di microplastiche intrappolate nella neve, a dimostrazione di quanto questi inquinanti siano diffusi anche negli ambienti montani più remoti.

«Queste evidenze rafforzano l’idea che le foreste non siano solo serbatoi di biodiversità o preziosi polmoni verdi, ma anche attori fondamentali nel trattenere le particelle inquinanti sospese nell’atmosfera», osserva Bartolomeo Schirone di SIRF. «Comprendere fino in fondo questa funzione ecosistemica apre nuove prospettive per la gestione e la tutela delle risorse idriche, soprattutto in aree montane e protette».

Lo studio si inserisce nel più ampio progetto Life Blue Lakes, promosso da ENEA e Legambiente, che ha portato allo sviluppo del primo protocollo europeo per il monitoraggio e la caratterizzazione delle microplastiche nelle acque dolci. Un protocollo testato sul campo in diverse campagne di campionamento, condiviso attraverso corsi di formazione con tecnici delle agenzie ambientali e delle autorità locali, e sostenuto da un laboratorio specializzato presso il Centro Ricerche ENEA Casaccia, dotato delle più avanzate tecnologie per l’analisi spettroscopica delle microplastiche.

«Alla luce di questi risultati – conclude Menegoni – desideriamo avviare al più presto uno studio dedicato a quantificare e descrivere in maniera approfondita il contributo delle foreste alla riduzione delle microplastiche trasportate dagli agenti atmosferici. Si tratta di un servizio ecosistemico di enorme valore, che tutela la qualità delle acque dolci, fondamentali non solo per l’approvvigionamento potabile, ma anche per usi ricreativi, irrigui, ittici ed energetici. Un patrimonio da proteggere per garantire la salute degli ecosistemi e delle comunità umane che da essi dipendono».

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